sabato 2 novembre 2013

Tutti hanno paura di scaricare un nuovo ed utilissimo programma....Io l'ho fatto, il mio pc funziona benissimo ed il programma è sicuro ed efficace, fate bovis......


giovedì 12 giugno 2008

Smog: Sassari lotta contro l'inquinamento

Sassari in lotta contro l'inquinamento, cresciuto notevolmente negli ultimi anni. Il traffico cittadino si concentra in determinate vie, causando un aumento della presenza di particelle dannose per l'organismo: i Pm10. Le centraline di via Dante, via Budapest, via Amendola e corso Vico hanno registrato più volte nello scorso anno il superamento della soglia minima di 50 µg/m³ (nanogrammi per metro cubo). Il comune di Sassari vuole intervenire prima che la situazione degeneri, e per questo motivo ha promosso una campagna informativa per i cittadini.


SASSARI – Secondo la legge, il limite di 50 µg/m³ non può essere superato più di 30 volte nell'arco di un anno, e dal 2010 il limite sarà di 7 volte. Secondo i dati di Legambiente, tra le città peggiori del 2007, Torino è in testa con addirittura 190 superamenti seguita da Cagliari con 162, Vicenza con 140, Reggio Emilia con 139. Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, invece le regioni in cui si registrano i valori più alti di Pm10. Nello stesso anno a Sassari la soglia dei 50 µg/m³ è stata superata per 36 volte nella centralina di viale Dante, mentre in via Amendola si è oltrepassata 33 volte, giusto due in meno del limite fissato dalla legge. Per quest'anno la situazione sembra essere in via di peggioramento. Nella centralina di corso Vico la soglia è già stata superata 11 volte. La normativa europea, purtroppo, non ha previsto un sistema sanzionatorio utile a spingere gli amministratori a intervenire in maniera efficace per migliorare la qualità dell’aria, ma molti Comuni riescono lo stesso a prendere provvedimenti per ridurre l'inquinamento.

L'amministrazione comunale di Sassari ha deciso di mettere a punto una campagna di comunicazione sociale per sensibilizzare i cittadini al problema dell'inquinamento e dello smog. L'obiettivo è quello di spingere i sassaresi a prendere l'auto il meno possibile, facendogli preferire l'autobus o una bella passeggiata. La campagna sarà realizzata nell'ambito del corso di Sociologia dei processi culturali, tenuto da Gianfranco Sias e da Massimo Ragnedda, della laurea specialistica di MediaRes (Media studies, Arti della rappresentazione, Eventi, Spettacolo) della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Sassari.

Oltre ai manifesti 6x3 la campagna prevede l’invio di cartoline informative a tutte le famiglie della città, con un elenco di dieci buoni motivi per cui è preferibile camminare e lasciare l’auto a casa. “Respiri aria più pulita” e “Ti tieni in forma” puntano alla salute del cittadino. Altri, invece, cercano di colpire nel portafoglio o di ridurre lo stress della guida, come “Non hai problemi di parcheggio” oppure “Riduci le spese di carburante”. Senza contare che lasciando la macchina a casa “Riscopri gli angoli della città” e “Ti aiuta a pensare”. In definitiva la giunta Ganau vuole colpire le coscienze dei sassaresi, e spingerli a “Vivere meglio”, come la città in cui vivono.

giovedì 5 giugno 2008

La situazione attuale

Come si vede e si sente la situazione del nostro pianeta non è messo in primo piano.
I governi del mondo ad3esso sono occupati in altro, si sente parlare spesso, salvaguardiamo il nostro pianeta! sono solo parole inutili che ci portano solo a disutere sul problema, ma non a cercare la soluzione al problema che ci affligge.
La bomba ad orologeria adesso potrebbe attivarsi con conseguenze non molto lontane da ciò che vediamo ogni giorno nei film in tv.

Ciò che ci è stato messo a disposizione, non so da chi ho da che cosa! Attualmente è messo ad un rischio molto elevato. Facciamo tesoro di questo.


Parole di fefe.

Ambiente " polmoni della terra in pericolo"

Ha una ragionevole probabilità di "resistere" all’estinzione il patrimonio forestale di soli 15 stati ovvero: Russia, Canada, Brasile, Stati Uniti, Congo, Cina, Indonesia, Messico, Perù, Colombia, Bolivia, Venezuela, India, Australia e Papua Nuova Guinea. Proprio verso queste aree, scarsamente popolate e poco soggette all’azione distruttiva di governi e gente comune, devono concentrarsi gli sforzi della comunità internazionale per preservare i "polmoni" della terra e la biodiversità delle specie vegetali. Sono questi i risultati di uno studio di valutazione dello stato complessivo delle foreste, compiuto dall’UNEP (Programma Ambientale delle Nazioni Unite), in collaborazione con la Nasa e con l’Istituto Geologico statunitense. La ricerca, che ha preso in considerazione foreste vergini e boschi secolari, si è avvalsa di rilevamenti satellitari per identificare l’estensione e la distribuzione del patrimonio forestale mondiale e per sviluppare una strategia di intervento globale per la sua conservazione

S.O.S terra in pericolo

Un nuovo grido d'allarme. I ghiacci della Groenlandia si stanno rapidamente sciogliendo e precipitano verso il mare: un fenomeno ormai quasi irreversibile che provocherà un disastro globale destinato a cancellare le zone costiere di molti paesi e cambiare l'assetto termico dell'Oceano Atlantico. È il risultato di uno studio americano di imminente pubblicazione, anticipato dal britannico Independent, per il quale «si tratta della più allarmante manifestazione dei cambiamenti climatici finora registrata». GIACCHIAI A RISCHIO - Per secoli i ghiacciai della grande isola prossima al polo nord sono rimasti praticamente immutati. Ma l'innalzamento delle temperature dovuto all'effetto serra ha fatto sì che la zona ghiacciata si sia drasticamente ristretta. Durante la scorsa estate è stato osservato uno scioglimento record, con enormi masse glaciali trasformate in acqua, che è finita poi nell'Oceano, e masse di ghiaccio finite in acqua sempre a causa del riscaldamento.Se la calotta che copre gran parte della Groenlandia si scioglierà tutta, il livello degli oceani salirà di sei metri: questo vuol dire la scomparsa di vaste zone costiere - in particolare in paesi al livello del mare o sotto come il Bangladesh - e inondazioni in tutte le città costiere del mondo.LO STUDIO - Lo studio, coordinato dal professor Slawek Tulaczyk dell'Universita della California, sta per essere pubblicato nella rivista scientifica Geophysical Research Letters e viene anticipato dal giornale alla vigilia di una nuova riunione, questa settimana a Montreal, in cui rappresentanti di governi e organizzazioni internazionali discuteranno cosa fare dopo la scadenza di Kyoto, tra sette anni.Tulaczyk ha registrato un rapido restringimento del ghiacciaio Helheim, un fiume ghiacciato che va dai ghiacci perenni dell'isola fino al mare, sulla costa est dell'isola. Lo spessore del ghiacciaio, dice, si è assottigliato di 30 metri solo quest'estate, mentre negli ultimi quattro anni il fronte del ghiacciaio è indietreggiato di sei chilometri.Nessuno si aspetta grandi progressi, a causa dell'ostruzionismo degli Usa, che si oppongono a ogni limitazione di emissioni dannose e mettono in dubbio persino dell'esistenza dell'effetto serra, e di diversi paesi in via di sviluppo. La Gran Bretagna, che ha la presidenza del G8, sta valutando la proposta di tagli volontari alle emissioni, ma questa strada è già stata bocciata da tutte le grandi organizzazioni ambientaliste, che la giudicano impraticabile e «suicida», mentre il problema si aggrava costantemente. A RISCHIO LA CORRENTE DEL GOLFO - La prima, grave conseguenza è data dal fatto che nell'Oceano sono finite grandi quantità d'acqua dolce che minacciano di rallentare la corrente del Golfo che rende miti le temperature sulle zone costiere dell'Europa occidentale. Senza, città come Londra avrebbero le stesse temperature del Labrador. L'ultima volta che questo è successo, 12.700 anni fa, le isole britanniche sono state coperte di ghiaccio per 1.300 anni. Sul lato occidentale della Groenlandia, intanto, si sta osservando una corsa del ghiacciaio Jakobshavn in scioglimento verso il mare: la sua velocità normale di discesa è di 30 cm l'anno. Nell'ultimo anno è stata di 34 metri. Questo avviene perchè l'acqua che si scioglie dalla superficie filtra sotto lo strato ghiacciato e forma una piattaforma sulla quale la massa ghiacciata scivola verso il mare, dove si scioglie. «Siamo forse molto vicini al momento in cui la calotta glaciale della Groenlandia sarà sciolta irreversibilmente», dice Tavi Murray, esperto di ghiacciai all'Università del Galles. E Tulaczyk aggiunge: «Quello che stiamo osservando punta in quella direzione». Uno dei suoi assistenti, Ian Howat, dice che finora gli scienziati prevedevano uno scioglimento entro 1.000 anni: ma i nuovi dati lasciano prevedere una brusca accelerazione del processo.

domenica 1 giugno 2008

Senza commento








Salute e ambiente

Fiato mozzoUno dei motivi per i quali, malgrado tutto, si continua a fumare è che bene o male tutti possono dire di conoscere qualcuno che è arrivato a 80 anni fumando allegramente. Lo stesso vale almeno in parte per l’inquinamento atmosferico, il danno c’è ma non è direttamente osservabile in tutti. Però, se si sposta l’attenzione ai gruppi più vulnerabili, le prove ci sono e non si tratta soltanto di studi epidemiologici, ma di controlli diretti.Il primo caso riguarda gli anziani. A Boston, negli Stati Uniti, un gruppo di 28 cittadini è stato tenuto sotto controllo per quanto riguarda un parametro fondamentale della funzionalità respiratoria: la saturazione d’ossigeno del sangue. Le misurazioni sono state condotte in diverse situazioni: per esempio a riposo, in piedi, durante un esercizio eccetera. I livelli di ossigenazione sono stati confrontati con i livelli di inquinamento da polveri sottili (meno di 2,5 micron) presenti al momento della misurazione. Effettivamente le concentrazioni di particolato deprimono la saturazione d’ossigeno, con la sola eccezione delle misurazioni condotte durante l’esercizio, probabilmente per compensazione (si respira più frequentemente). Oltretutto la riduzione era più forte nelle persone trattate con beta-bloccanti, cioè con uno dei principali farmaci antipertensivi oggi impiegati.Effetti sui malati croniciAltra categoria “debole” è quella dei malati cronici, o di chi è reduce da un accidente cardiovascolare. E’ uno studio italiano, condotto a Roma dall’Istituto Superiore di Sanità, che ha valutato gli effetti dell’inquinamento urbano in caso di presenza di tre malattie molto diffuse: ischemia coronarica, bronchite cronica e asma. I ricercatori dell’ISS non si sono limitati al PM 2,5 ma hanno tenuto presenti anche la quantità di PM 10 di biossido, d’azoto e di ozono, quest’ultimo indotto soprattutto dalla combinazione di funzionamento di motori a scoppio ed elevate temperature. Nei pazienti affetti da bronchite cronica, alti livelli di PM 2,5 inducevano sia una diminuzione della funzionalità respiratoria sia un aumento delle pulsazioni cardiache. Negli asmatici la capacità respiratoria, oltre che dal PM 2,5, era minata anche dal biossido di azoto. Quanto a chi soffriva di ischemia, era di nuovo il PM 2,5 a causare un aumento della variabilità del ritmo cardiaco, condizione riconosciuta tra quelle alla base di eventi come infarto e ictus.Culle assediate dal particolatoAnche i bambini, soprattutto i più piccoli, rientrano tra i soggetti più esposti a questi effetti. Pur con tutte le cautele del caso, uno studio statunitense, esaminando i dati di 23 aree metropolitane, e fissando un livello di PM10 inferiore a quello ufficialmente ritenuto soglia di allarme, ha calcolato la quota di decessi di neonati e infanti attribuibile all’inquinamento. In queste aree metropolitane il 6% di tutte le morti infantili è attribuibile alla presenza del particolato (assunto qui come indice generale dell’inquinamento atmosferico). Se però si passa a considerare solo i decessi per morte in culla e per disturbi respiratori (in bambini normopeso) la percentuale attribuibile all’inquinamento sale rispettivamente al 6 e al 24%. Certamente i numeri assoluti non sono da epidemia ma comunque molto consistenti: nel caso della morte in culla si parla di 79 decessi anno. Uno studio rivolto invece agli scolari australiani delle elementari ha mostrato che l’aumento della presenza nell’aria di particolato ha determinato un aumento delle visite mediche, mentre al biossido di azoto si associava un aumento della tosse catarrosa. Gli autori concludevano che non avevano potuto dimostrare di più, ma va anche tenuto presente che il campione era di soli 25 bambini. Certo che se l’inquinamento fosse anche peggiore, magari gli effetti sarebbero più immediatamente evidenti. Ma non è il caso di augurarselo per amore di scienza.

Ancora parliamo di energia pulita, e non solo!


Ogni giorno come gia vi ho detto con semplici gesti, contribuiamo alla distruzione della natura e di noi esseri umani.

Guardate le statistiche di distruzione di massa: aumento di malattie gravi che non sto ad elencare, solo al peniero mi sento male.

Quei poveri bambini, che nascono per poi soffrire, tutto questo ancora non basta per rendersi conto, il potere, l'egoismo, essere piu degli altri, fanno si che tutto un giorno ormai non piu' lontano finisca.....

giovedì 29 maggio 2008

Quanto è malato il nostro pianeta?



Il paziente è in condizioni gravi. Presenta vari sintomi. Ha l’alito pesante. La febbre è più alta che mai e i tentativi di abbassarla non danno risultati. Nei liquidi organici sono state trovate tracce di veleno. Quando si curano i sintomi da una parte, all’improvviso ne compaiono degli altri in organi diversi. Se si trattasse di un paziente comune, probabilmente i medici direbbero che le varie patologie sono ormai croniche e allo stadio terminale. Non sapendo cos’altro fare, si limiterebbero a far soffrire il paziente il meno possibile fino al sopraggiungere della morte.
IL PAZIENTE, però, non è un essere umano. È la nostra dimora, la terra. La situazione appena descritta ben illustra ciò che sta accadendo al nostro pianeta. La terra è molto malata, e aria inquinata, riscaldamento globale e rifiuti tossici sono solo alcuni dei suoi malanni. Come i medici menzionati sopra, gli esperti sono indecisi sul da farsi.
I media richiamano continuamente l’attenzione sulle condizioni critiche del pianeta con titoli e notizie del tipo: “La pesca con l’esplosivo fa strage sui fondali”. “Emergenza idrica: entro 24 anni a rischio un miliardo di asiatici”. “40 milioni di tonnellate all’anno il giro mondiale dei rifiuti tossici”. “Contaminati quasi due terzi dei 1.800 pozzi in Giappone”. “Torna l’allarme: più grande che mai il buco nell’ozono sopra l’Antartide”.
Alcuni si abituano ai frequenti allarmi per l’ambiente, pensando forse che finché la cosa non li coinvolge in prima persona non c’è da preoccuparsi. Tuttavia, che ce ne rendiamo conto o no, la distruzione indiscriminata dell’ambiente influisce sulla stragrande maggioranza della gente. Oggi il pianeta è talmente contaminato che probabilmente ne risentiamo già in più di un aspetto della nostra vita. Pertanto, tutti dovremmo avere a cuore il benessere e la conservazione della nostra dimora. Dopo tutto, in quale altro posto potremmo vivere?
Quanto è esteso il problema? Quant’è malata la terra? Come influisce questo sulla vita della gente? Consideriamo alcuni fattori che ci aiutano a capire perché non si tratta solo di una lieve indisposizione ma di una grave malattia.
MARI: Vaste zone del mare sono depauperate a causa della pesca eccessiva. Un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente dice che “il 70 per cento delle zone marine di pesca sono sfruttate così tanto che la riproduzione non riesce, o riesce a malapena, a ricostituire le popolazioni ittiche”. Per esempio, fra il 1989 e il 1994 le popolazioni di merluzzi, naselli, eglefini e passere di mare sono diminuite almeno del 95 per cento. Andando avanti così, che accadrà a quei milioni di persone per cui il mare è la principale fonte di cibo?
Come se non bastasse, si calcola che ogni anno dai 20 ai 40 milioni di tonnellate di pesci vengano catturati e poi ributtati in mare, di solito feriti o morti. Come mai? Perché finiscono nelle reti insieme al pesce desiderato.
FORESTE: La deforestazione crea molti problemi. Con la scomparsa degli alberi diminuisce la capacità della terra di assorbire l’anidride carbonica contribuendo così, a quanto pare, al riscaldamento globale. Certe specie vegetali, da cui si possono ricavare farmaci salvavita, scompariranno. Ciò nonostante la distruzione delle foreste non accenna a diminuire. Anzi, ultimamente il ritmo di distruzione è aumentato. Alcuni esperti ritengono che di questo passo fra una ventina d’anni le foreste tropicali potrebbero scomparire.
RIFIUTI TOSSICI: Lo scarico di sostanze nocive sia sulla terraferma che in mare è un problema serio che potrebbe costituire una grave minaccia per milioni di persone. Rifiuti radioattivi, metalli pesanti e sottoprodotti della plastica sono fra le sostanze che possono causare anomalie, malattie o la morte sia nell’uomo che negli animali.
SOSTANZE CHIMICHE: Negli scorsi 100 anni sono state introdotte quasi 100.000 nuove sostanze chimiche. Queste penetrano nell’aria, nel suolo, nell’acqua e nel cibo. Le sostanze analizzate per verificarne gli effetti sulla salute dell’uomo sono relativamente poche. Un numero consistente di queste, però, è risultato cancerogeno o comunque responsabile di qualche patologia.
Sull’ambiente incombono molte altre minacce: inquinamento atmosferico, acque di scolo non trattate, piogge acide, mancanza d’acqua pulita. Le poche già menzionate bastano a dimostrare che la terra è davvero malata. Si può salvare il paziente o si tratta di una battaglia persa in partenza?


CHERNOBYL, Bhopal, Exxon Valdez, Three Mile Island. Probabilmente queste parole evocano immagini di disastri ambientali avvenuti in varie parti del mondo. Ognuno di essi ci ha ricordato che la terra è in pericolo.
Autorità e singoli individui hanno lanciato i loro moniti. Per fare ascoltare la propria voce alcuni hanno compiuto gesti plateali. Per protestare contro la costruzione di una strada in una zona ecologicamente fragile, una bibliotecaria inglese si è incatenata a un bulldozer. In Australia due donne aborigene hanno condotto una campagna contro l’estrazione dell’uranio all’interno di un parco nazionale. I lavori sono stati sospesi. Anche se dettati da buone intenzioni, questi gesti non sempre sono stati accolti favorevolmente. Per esempio un ex capitano della marina sovietica, preoccupato per la fuga di radiazioni dai reattori nucleari di alcuni sottomarini affondati, è stato arrestato quando ha pubblicato la posizione dei sottomarini.
Ci sono anche varie organizzazioni che lanciano l’allarme contro le minacce ambientali. Esse includono l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente e Greenpeace. Alcuni si limitano a denunciare i problemi ambientali quando interferiscono col loro lavoro. Altri sono dedicati completamente alla causa ambientale. Greenpeace è famosa perché invia i suoi attivisti nelle zone calde sotto il profilo ambientale richiamando l’attenzione su questioni quali riscaldamento globale, specie in via d’estinzione e pericoli derivanti dal modificare geneticamente animali e piante.
Alcuni attivisti dicono di usare “metodi creativi per denunciare i problemi ambientali del pianeta”. Perciò ricorrono a iniziative come incatenarsi ai cancelli di una segheria per protestare contro la distruzione delle foreste primarie. Altri attivisti hanno protestato contro un paese che violava la moratoria della caccia alle balene presentandosi davanti alle sue ambasciate travestiti da grandi “occhi”, a indicare che il paese aveva tutti gli occhi puntati addosso.
Gli argomenti non mancano. Per esempio, sono giunti ripetuti avvertimenti, sia da parte di singoli individui che di organizzazioni, circa i pericoli dell’inquinamento dell’acqua. Tuttavia il quadro che si presenta è piuttosto tetro. Un miliardo di persone non hanno accesso ad acqua potabile sicura. Secondo la rivista Time, “3.400.000 persone muoiono ogni anno per malattie contratte a causa dell’acqua contaminata”. La situazione è analoga per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico. Una pubblicazione delle Nazioni Unite riferisce che, “secondo le stime, l’inquinamento atmosferico uccide ogni anno da 2.700.000 a 3 milioni di persone”. (The State of World Population 2001) E aggiunge che “l’inquinamento dell’atmosfera danneggia la salute di oltre un miliardo e 100 milioni di persone”. A titolo di esempio, riferisce che “l’inquinamento da particolato provoca fino al 10 per cento delle infezioni respiratorie dei bambini europei”. In effetti, nonostante gli avvertimenti e le azioni intraprese finora, i problemi legati a questi elementi essenziali alla vita non hanno fatto che peggiorare.
Per molti la situazione è paradossale. Sulle tematiche ambientali si hanno a disposizione più informazioni che mai e il numero di coloro che si interessano dell’ambiente, sia individualmente che a livello organizzato, non è mai stato così alto. I governi hanno istituito appositi ministeri per contribuire alla risoluzione dei problemi ambientali. Nell’affrontare i problemi disponiamo di una tecnologia senza precedenti. Eppure, non si intravedono segni di miglioramento. Perché?
Un passo avanti, due indietro
Il progresso industriale avrebbe dovuto rendere a tutti la vita più facile, e in un certo senso l’ha fatto. Tuttavia ad aggravare i problemi ambientali del pianeta è proprio questo “progresso”. Apprezziamo le invenzioni e le innovazioni che l’industria ci offre, ma spesso per produrre e utilizzare questi ritrovati tecnologici sono state rovinate alcune parti del mondo
Ne sono un esempio i veicoli a motore. Questa invenzione ha reso i viaggi più veloci e più facili. Pochissimi sarebbero disposti a tornare ad usare cavalli e calessi. Ciò nonostante i moderni mezzi di trasporto hanno contribuito a far sorgere tutta una serie di problemi. Uno di essi è il riscaldamento globale. Con l’invenzione di congegni che sprigionano milioni di tonnellate di gas, l’uomo ha alterato la composizione chimica dell’atmosfera. A quanto pare questi gas causano il cosiddetto effetto serra, che provoca il riscaldamento dell’atmosfera. Nel secolo scorso le temperature sono aumentate. L’EPA, l’ente americano per la protezione ambientale, riferisce che “i 10 anni più caldi del XX secolo si sono verificati tutti negli ultimi 15 anni del secolo”. Alcuni scienziati ritengono che nel XXI secolo la temperatura media del pianeta potrebbe salire di 1,4-5,8°C.
Si prevede che l’aumento della temperatura causerà altri problemi. I ghiacciai dell’emisfero boreale si stanno assottigliando. Agli inizi del 2002 nell’Antartide una sezione di 3.250 chilometri quadrati di piattaforma glaciale si è disintegrata. Nel corso di questo secolo il livello del mare potrebbe salire notevolmente. Dal momento che un terzo della popolazione mondiale vive vicino al mare, ciò significherebbe la perdita di case e terreni agricoli. Comporterebbe grossi problemi anche per le città costiere.
Alcuni scienziati dicono che le temperature più alte provocheranno un aumento delle precipitazioni e che condizioni meteorologiche proibitive si verificheranno con maggiore frequenza. C’è chi sostiene che gravi nubifragi come quelli avvenuti in Francia nel 1999, in cui sono morte 90 persone e sono andati distrutti 270 milioni di alberi, siano solo un’anticipazione di quello che ci attende. Altri ricercatori ritengono che i cambiamenti climatici causeranno il diffondersi di malattie come malaria, dengue e colera.
L’esempio dei veicoli a motore dimostra quanto siano complesse le implicazioni della tecnologia: invenzioni utili per la gente in generale possono causare una serie di problemi concatenati che influiscono su diversi aspetti della vita. È vero quanto dice una pubblicazione delle Nazioni Unite: “Ogni progresso tecnologico comporta potenziali benefìci e potenziali rischi, alcuni dei quali non sono facili da prevedere”. — Human Development Report 2001.
Spesso per risolvere i problemi ambientali ci si rivolge proprio alla tecnologia. Per esempio, gli ambientalisti condannano da tempo l’uso dei pesticidi. Quando si ottennero piante geneticamente modificate che avrebbero ridotto o eliminato il bisogno di pesticidi, sembrò che la tecnologia avesse trovato la soluzione giusta. Ma nel caso del mais Bt, concepito per controllare la piralide senza usare pesticidi, i test rivelarono che può anche uccidere le farfalle monarca. E così le “soluzioni” a volte sortiscono l’effetto contrario causando altri problemi.

INQUINAMENTO ACUSTICO
C’è un tipo di inquinamento che non si vede ma si sente: l’inquinamento acustico. Secondo gli esperti anche questo desta preoccupazione perché può causare perdita dell’udito, stress, ipertensione, insonnia e scarsa produttività. I bambini che vanno a scuola in ambienti rumorosi possono avere carenze nella lettura.

LA DEFORESTAZIONE CAUSA UN’INFESTAZIONE DI RATTI
Quando sull’isola di Samar, nelle Filippine, 15 cittadine furono pesantemente infestate dai ratti, una fonte del governo ne attribuì la responsabilità alla deforestazione della zona. Con la scomparsa della foresta erano diminuiti sia i predatori dei ratti che le fonti di cibo dei roditori, per cui questi ultimi si erano spostati in zone più popolate in cerca di cibo.
VITTIME DI RIFIUTI TOSSICI?
Quando Michael aveva tre mesi e mezzo si scoprì che era affetto da neuroblastoma, una forma di tumore. Se si fosse trattato di un caso isolato, non sarebbe stato tanto insolito. Ma in seguito si scoprì che anche un centinaio di altri bambini della stessa piccola località avevano un tumore. Molti genitori si allarmarono. Alcuni pensarono che probabilmente il numero spropositato di casi di tumore fosse collegato alla presenza in quella zona di industrie chimiche. Dalle indagini risultò che in precedenza un autotrasportatore autonomo che si occupava dello smaltimento dei rifiuti aveva prelevato da una delle industrie fusti di liquidi tossici e li aveva depositati in un ex allevamento di polli, a volte versandone a terra il contenuto. Alcuni ricercatori scoprirono tracce di una sostanza contaminante nei pozzi locali. I genitori continuano a chiedersi se questo sia in qualche modo collegato al tumore che ha colpito i loro figli.
SOSTANZE CHIMICHE TOSSICHE
Dopo la seconda guerra mondiale 120.000 tonnellate di sostanze tossiche, in prevalenza fosgene e iprite, furono sigillate in alcune navi e affondate in mare, alcune a nord-ovest dell’Irlanda del Nord. Scienziati russi hanno lanciato l’allarme sul pericolo di fuga di queste sostanze.
L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO UCCIDE
L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che nel mondo ogni anno dal 5 al 6 per cento dei decessi sono causati dall’inquinamento atmosferico. Solo nell’Ontario, in Canada, si dice che l’aria inquinata costi ai cittadini oltre un miliardo di dollari l’anno in termini di spese sanitarie e assenze dal lavoro.
BARRIERE CORALLINE IN AGONIA
Per stordire i pesci e catturarli facilmente alcuni pescatori dell’Asia sud-orientale usano il cianuro. Dato che il veleno viene espulso dall’organismo del pesce, questo è ancora commestibile. Il cianuro rimane però nelle acque, uccidendo le barriere coralline.
LA MASCHERINA FUNZIONA?
La rivista Asiaweek riferisce che gran parte dell’inquinamento dell’aria nelle città asiatiche dipende dal gas di scarico dei veicoli. Spesso i motori che inquinano di più sono quelli a due tempi e diesel, che producono ingenti quantità di minuscole particelle sospese responsabili di molti problemi di salute. La stessa rivista riferisce: “Secondo il dott. Chan Chang-chuan, uno dei maggiori esperti di Taiwan sugli effetti dell’inquinamento, gli scarichi dei diesel sono causa di tumori”. Per cercare di proteggersi, alcuni abitanti delle città asiatiche indossano mascherine. Funzionano? Chan dice: “Queste mascherine sono inutili. Gran parte dell’inquinamento sotto forma di gas e particolati è così microscopico che una semplice mascherina non lo filtra a sufficienza. Inoltre . . . non sono ermetiche. Pertanto danno un falso senso di sicurezza”.
Un aiuto dai governi?
Dato che la distruzione dell’ambiente è un problema di proporzioni enormi, per trovare una soluzione efficace ci vorrebbe la collaborazione dei governi di tutto il mondo. In certi casi è stato lodevole vedere rappresentanti governativi che hanno avuto il coraggio di proporre cambiamenti sostanziali a favore dell’ambiente. Tuttavia i veri successi sono stati alquanto sporadici.
Ne è un esempio il summit internazionale tenutosi in Giappone nel 1997. Le nazioni negoziarono a lungo i termini di un trattato per ridurre le emissioni dei gas ritenuti responsabili del riscaldamento globale. Alla fine con sorpresa di molti fu raggiunto un accordo, chiamato Protocollo di Kyoto, secondo il quale entro il 2012 i paesi industrializzati (come Giappone, Stati Uniti e Unione Europea) avrebbero ridotto in media del 5,2 per cento le emissioni di questi gas. Sembrò una cosa buona. Tuttavia, agli inizi del 2001 il governo degli Stati Uniti ha reso noto che si ritirava dal Protocollo di Kyoto. Questo ha destato non poche perplessità, dato che gli Stati Uniti, con meno del 5 per cento della popolazione mondiale, sono responsabili di circa un quarto delle emissioni di gas. In aggiunta, altri governi sono andati a rilento nel ratificare il trattato.
Questo esempio mostra quanto sia complicato per i governi trovare soluzioni efficaci. È difficile riunire i vari governi, ed è altrettanto difficile definire una strategia comune per affrontare i problemi ambientali. Anche quando si siglano accordi, alcune parti in seguito si tirano indietro. Per altri è difficile rispettare i patti. In altri casi ancora governi o aziende ritengono di non poter sostenere i costi implicati nella pulizia dell’ambiente. In certi luoghi è solo una questione di avidità, dato che i colossi commerciali esercitano una grande influenza sui governi perché non prendano provvedimenti che potrebbero intaccare i profitti aziendali. È risaputo che ci sono aziende e imprese che vogliono ricavare tutto quello che possono dalla terra senza tener conto delle conseguenze.
A complicare ulteriormente le cose c’è il fatto che non tutti gli scienziati concordano su quanto risulteranno gravi gli effetti dell’inquinamento ambientale. Pertanto chi è al governo può non sapere bene fino a che punto penalizzare la crescita economica per controllare un problema che forse non è così grave come pensano alcuni.
L’umanità è in brutte acque. Tutti sanno che c’è un problema e che bisogna fare qualcosa. Alcune nazioni fanno uno sforzo coscienzioso, ma i problemi ambientali perlopiù peggiorano. La terra è semplicemente destinata a diventare un pianeta inabitabile? Esaminiamo questa domanda.
La terra verrà salvata?

PER quanto sconfortanti siano le prospettive ambientali, è nostro desiderio che la terra sopravviva. In fondo è la nostra casa, e ci auguriamo che sia la casa dei nostri figli e dei nostri nipoti. Possiamo fare qualcosa per rafforzare questa prospettiva?
La verità è che, mentre la maggioranza della gente si preoccupa dell’ambiente, molti non si fanno scrupoli a buttare rifiuti per terra, gettare la spazzatura nei fiumi o lasciare inutilmente le luci accese. Questi gesti possono sembrare insignificanti, ma se ciascuno dei miliardi di abitanti della terra si preoccupasse di averne cura, il risultato si vedrebbe. Usare l’energia con parsimonia, collaborare con i sistemi di riciclaggio e provvedere in modo appropriato allo smaltimento dei rifiuti sono modi per contribuire alla conservazione dell’ambiente. Già da ora con le nostre abitudini possiamo dimostrare di aver cura della terra.
Tuttavia non possiamo controllare le azioni della maggioranza della gente. Significa questo che, in definitiva, la situazione è disperata?

Prossima una soluzione più grande
Un commento di Thilo Bode, membro di Greenpeace, riportato nella rivista Time, va al nocciolo del problema: “Il nostro principale obiettivo è stato indurre le imprese a considerare il modo in cui i loro prodotti vengono eliminati. Devono tener conto di tre fattori: produzione, uso ed eliminazione”. Purtroppo, siamo in grado di produrre beni, sappiamo come usarli, ma non li eliminiamo correttamente. In certi casi l’uomo non sa proprio come far questo in maniera sicura.
L’uomo è limitato, ma il Creatore della terra no. Egli ha già dato prova della sua eccelsa sapienza con le opere creative che ci circondano. Sa come fare, usare ed eliminare le cose correttamente. Molti dei sistemi da lui creati sono automatici. Il seme germoglia, la pianta cresce e produce il frutto. Dopo di che muore e, senza inquinare, si scompone negli elementi che la formavano, e che ora sono pronti a essere riutilizzati. Questo sì che è riciclaggio! Niente rifiuti tossici!
Il Creatore non intende permettere che la terra diventi una discarica inabitabile. Nella Bibbia, in Isaia 45:18, si legge: “Questo è ciò che ha detto Geova, . . . il vero Dio, il Formatore della terra e il suo Fattore, Colui che la stabilì fermamente, che non la creò semplicemente per nulla, che la formò pure perché fosse abitata”.
Se Dio ha formato la terra perché fosse abitata, come mai ha permesso che finisse in questo stato deplorevole? La Bibbia spiega che in origine l’uomo fu posto in un paradiso. Anzi, il proposito di Dio era che questo Paradiso si estendesse fino alle estremità della terra e si riempisse di persone. (Genesi 1:28) Tuttavia scoppiò una ribellione. Il primo uomo e la prima donna non vollero sottomettersi più al dominio di Dio.
Dio concesse all’uomo di provare a governarsi a modo suo. I risultati sono ciò che vediamo oggi: un fallimento totale. L’uomo ha dimostrato inequivocabilmente di non poter risolvere i problemi. Non si può dare la colpa a Dio di quanto è successo. Quello che dice la Bibbia vale per tutta la società umana: “Hanno agito rovinosamente; non sono suoi figli, è il loro proprio difetto. Generazione perversa e storta!” — Deuteronomio 32:5.
Ciò nonostante Dio non è rimasto indifferente alla rovina della terra. Entrerà in azione prima che sia troppo tardi, prima che la terra divenga un’inospitale landa desolata. Come lo sappiamo? Rivelazione, o Apocalisse, 11:18 spiega: “Le nazioni si adirarono, e venne l’ira tua, e il tempo fissato . . . di ridurre in rovina quelli che rovinano la terra”. La rovina della terra verrà fermata.
Il proposito originale di Dio, che la terra divenga un paradiso, sarà adempiuto. Dio ha fatto delle dichiarazioni precise in tal senso. Per esempio ha detto: ‘La parola che esce dalla mia bocca non tornerà a me senza risultati, ma certamente farà ciò di cui mi son dilettato’. (Isaia 55:11) Forse vi farà piacere leggere Isaia capitolo 35, in cui Dio parla di terre desolate che si trasformano in parchi lussureggianti e campi fertili.
Perfino oggi, nei luoghi in cui l’inquinamento è stato fermato, la terra ha dimostrato una straordinaria capacità di ricupero. Dio l’ha creata così. Se solo si smettesse di sovraccaricarla di inquinanti, una vasta gamma di microrganismi terrestri e acquatici potrebbe rimediare a buona parte del danno arrecato. Inoltre abbiamo motivo di ritenere che quando Dio interverrà attivamente, il processo di rigenerazione sarà ancora più efficace. Egli è in grado di fornire all’uomo la guida e l’addestramento perfetti che oggi non ha.
Pertanto il futuro della terra non è disperato. La flora e la fauna saranno salvate. Non ci saranno più elenchi di specie in pericolo di estinzione. L’aria e l’acqua saranno di nuovo pulite. E a godersi tutto questo ci saranno esseri umani ubbidienti. Vi piacerebbe vedere tutto questo? È possibile. Come? La Bibbia spiega nei particolari cosa fare. Perché non esaminate la Bibbia in maniera sistematica e non lo scoprite personalmente? Chiedete agli editori di questa rivista di mettervi in contatto con qualcuno che vi aiuti a iniziare questo esame. Perché farsi sfuggire l’opportunità di sapere in che modo voi e la vostra famiglia potrete gustare per sempre un ambiente incontaminato?

martedì 27 maggio 2008

Tutti i giorni qualcuno fa ciò che non deve fare...........

Cominciamo dalle cose più piccole, quelle cose che non sembrano aver effetto sull'ambiente.
Aprire una semplice caramella, un pacchetto di sigarette,
per poi buttare le carte per terra!
Moltiplicatelo per tutti i mangiatori di caramelle e per tutti i fumatori.
Non sono qui per far statistica, ma solo per farvi immaginare nel complesso,
quanto si riesce ad inquinare con dei gesti così semplici.
E considerate il fatto che vi sto parlando di semplice e comune carta da imballaggio.
Naturalmente come ho già detto in un precedente post,
Noi non possiamo cambiare il modo di vivere di milioni e milioni di esseri viventi nel mondo.
Ma perlomeno, ridurre drasticamente ciò che l'uomo causa ogni giorno.
Parleremo ancora di questo argomento nei prossimi post.
Un saluto da fefe

Allarme terra

L’effetto serra
Che diamine è, il cosiddetto «effetto serra»? E perché preoccupa tanto gli scienziati, e non solo loro, da un’abbondante ventina d’anni? La faccenda è piuttosto complessa. Semplificando parecchio: la Terra è avvolta dall’atmosfera, una sorta di «coperta» (senza la quale la temperatura del pianeta sarebbe parecchio più bassa e la vita impossibile) formata da ossigeno, azoto, minuscole gocce d’acqua in sospensione e vari gas naturali (biossido di carbonio, metano, ossido nitrico).

Dall’epoca della «rivoluzione industriale» (e quindi da un paio di secoli) continuiamo a bruciare quantità crescenti di carbone, petrolio, gas naturali, legname. Anche i gas residui di tale combustione finiscono poi nell’aria, peraltro in compagnia d’una bella serie di sostanze tutt’altro che naturali (il DDT, per dirne una). Risultato? La «coperta» ha cominciato a soffocarci: nell’atmosfera ci sono troppi gas, non riusciamo più a rispedire nello spazio l’energia che assorbiamo dal Sole, la temperatura terrestre aumenta. Gli ecologisti sostengono che noi occidentali siamo colpevoli d’una ingiustizia atroce: abbiamo ottenuto il nostro confortevole tenore di vita buttando fuori questi gas prima di sapere che effetto fanno. Con danno di tutti, perché nel giro di cent’anni - avvertono gli scienziati – i cicli delle piogge cambieranno, le zone più temperate (e coltivabili) si sposteranno verso i poli, i ghiacci si scioglieranno, il livello del mare crescerà, le sue acque copriranno le isole e le coste più basse e popolate.

Un quadro inquietante, certo, che rende sempre più urgente la risposta alla domanda posta dagli ecologisti e dai teorici dell’«effetto serra»: nel dubbio che le emissioni inquinanti abbiano un effetto reale sulla temperatura della Terra, perché non fare qualcosa per ridurle? Subito, prima che sia troppo tardi.

El Niño
I pescatori peruviani l’hanno battezzato «El Niño», cioè Gesù Bambino. Ma, a parte il nome ed il mese di dicembre in cui di solito compare (ogni 2-7 anni), nulla ha da spartire con l’atmosfera natalizia. Riguarda non poco, invece, l’atmosfera intesa in senso metereologico.

Quello di cui si parla, infatti, non è un simpatico pargoletto: è l’anomalo riscaldamento delle acque dell’oceano Pacifico, davanti alle coste dell’America del Sud, che ciclicamente è capace di far «saltare» il termostato del mondo con effetti devastanti sull’economia, la società, le risorse naturali.

Quando si manifesta con una certa intensità, «El Niño» provoca guai climatici su scala planetaria: a quello iniziato nel marzo-aprile 1997 si devono siccità in Australia e in Africa e in Indonesia (dove ha attizzato incendi che stanno divorando le foreste e asfissiando Giacarta), piogge torrenziali in Sud America, inverni miti in Europa e sulla costa atlantica degli USA...

Dopo circa un anno, la forza del «Niño» va attenuandosi. Ora, oltre ai cospicui danni umani e materiali, del suo passaggio ci resta anche una coda polemica. Secondo i fatalisti, è a lui che si deve attribuire il graduale aumento della temperatura della Terra (fra vent’anni dovrebbe essere di oltre un grado, con effetti disastrosi sul livello dei mari e sulle coltivazioni agricole). Secondo gli ecologisti, e secondo quanto ha sancito il vertice Onu di Kyoto (1-12 dicembre), l’incremento termico sarebbe invece il prodotto dell’«effetto serra», del riscaldamento generale provocato dalle emissioni inquinanti dei gas industriali. Il dibattito è aperto.

Intanto, puntuale come sempre, in gennaio il «Worldwatch Institute» americano ha presentato il rapporto annuale sullo stato della Terra e del suo ambiente. In sintesi: l’allarme per i destini del pianeta è sempre alto, ma non manca una nota di speranza. «Se l’economia mondiale continua ad espandersi così com’è strutturata, potrebbe arrivare a distruggere i suoi supporti naturali e a declinare», sostiene il presidente dell’Istituto, Lester Brown.

Tuttavia, se adotteremo le giuste politiche, «s’intravvede anche la possibilità di realizzare la transizione verso un’economia sostenibile da un punto di vista ecologico». Un’economia, cioè, non dipendente dall’inquinamento dell’atmosfera, dal taglio delle foreste, dallo sfruttamento scriteriato delle risorse idriche: «Un’economia del genere non solo è realizzabile, noi crediamo, ma alla fine potrebbe essere più conveniente e produttiva di quella che ci sostiene oggi», quando sono evidenti i segni di «stress» nella sempre più critica relazione tra l’economia e l’ambiente: diminuzione dell’acqua disponibile, erosione dei suoli, scomparsa delle zone umide, collasso delle aree di pesca, deterioramento dei pascoli, crescita dell’anidride carbonica, aumento delle temperature, estinzione di specie animali e vegetali.

«Questi indicatori ambientali», afferma ancora il Worldwatch Institute, «mostrano chiaramente che l’economia occidentale basata sui combustibili fossili e centrata sulle automobili non è un modello accettabile per il mondo».

Gli effetti della salute dell inquinamento atmosferico

Cos'è l'inquinamento atmosferico?


L'inquinamento atmosferico è dovuto ad un'alterazione della qualità dell'aria da parte di varie sostanze che si possono presentare sotto forma di gas, goccioline e particelle. L'aria può essere inquinata sia in città che in campagna.
A grandi linee si distingue un inquinamento estivo e uno invernale.
L'inquinamento estivo consiste nella presenza di elevate concentrazioni di ozono a livello del terreno; questo gas si crea quando gli inquinanti prodotti dai motori e dalle industrie interagiscono con i raggi solari che li attraversano. I livelli di ozono aumentano quando l'aria è ferma, il sole splende e la temperatura è calda. Questo tipo di inquinamento interessa in genere tutto il territorio e si diffonde con facilità a grande distanza. L'ozono presente a livello del terreno non va confuso con l'ozono "buono" che è posto a chilometri di altezza nell'atmosfera e che ci protegge dalle componenti dannose dei raggi solari.
L'inquinamento invernale è particolarmente rilevante negli agglomerati urbani ed è caratterizzato dall'accumulo di vari inquinanti nell'atmosfera (benzene, polveri, ossido d'azoto, monossido di carbonio). Questo accumulo è legato prevalentemente alla persistenza di condizioni di anticiclone nell'area padana con assenza di vento e scarso rimescolamento dell'aria.
In città l'inquinamento atmosferico in genere è causato dalle auto, dagli autobus e dagli impianti termici, oltre che dalle industrie e dai cantieri edili. In campagna può essere causato dalle polveri prodotte dai trattori che arano i campi, dai camion e dalle macchine che passano su strade coperte di sporco o ghiaino, dalle cave di roccia e dal fumo proveniente da incendi dei boschi o del raccolto.

Che sintomi possono essere collegati all'inquinamento?


L'inquinamento atmosferico può irritare gli occhi, la gola e i polmoni. Bruciore agli occhi, tosse e un senso di oppressione al torace sono disturbi frequenti quando si è esposti a livelli elevati di inquinamento atmosferico.
Tuttavia le diverse persone possono reagire in modo molto diverso all'inquinamento e alcune possono non manifestare disturbi. Poich l'esercizio fisico richiede un aumento del ritmo e della profondità della respirazione, può provocare un aggravamento dei sintomi. Le persone affette da malattie di cuore o dei polmoni possono essere molto sensibili all'esposizione all'aria inquinata e possono manifestare sintomi prima degli altri.

L'inquinamento è nocivo per la salute?


Fortunatamente di solito i sintomi causati dall'esposizione a elevati livelli di inquinamento atmosferico scompaiono non appena la qualità dell'aria migliora. Alcuni gruppi di persone sono più sensibili agli effetti dell'inquinamento, anche le persone con patologia cardiaca o polmonare reagiscono peggio all'aria inquinata. In periodi di forte inquinamento lo stato di salute di questi malati può peggiorare al punto tale da limitare le loro attività o da richiedere ulteriore assistenza medica. I bambini sono probabilmente sensibili a livelli di inquinamento atmosferico inferiori rispetto agli adulti e soffrono più frequentemente di malattie come bronchite ed asma nelle zone dove l'aria è più inquinata rispetto a quelle in cui è più pulita.
In passato, quando i combustibili usati erano molto più grezzi di quelli odierni, nelle città si verificavano numerose morti nei periodi di smog intenso; oggi questa cappa di fumo nerastro non è più visibile perch l'inquinamento è meno grave e probabilmente di natura diversa. In particolare nel nostro paese sono presenti in quantità le polveri molto piccole (polveri fini e ultrafini) provenienti dai motori diesel e quelle sollevate dal traffico. Nelle vicinanze di particolari industrie possono prevalere altri composti. Si stanno ancora studiando gli effetti sulla salute dell'esposizione di lungo periodo agli inquinanti: i primi dati indicano la possibilità di sviluppare malattie croniche se si abita nelle zone più inquinate.

Chi controlla il livello di inquinamento atmosferico?


I controlli sono effettuati dalle Agenzie Regionali per la Prevenzione e Protezione Ambientale. Ogni giorno i dati del monitoraggio dell'aria vengono pubblicati sul sito dell'ARPAV accompagnati dal giudizio sulla qualità dell'aria. Gli indicatori principali della qualità dell'aria sono il PM10 (particelle di diametro inferiore a 10 micron, quelle cioè che possono entrare nell'organismo attraverso il respiro) durante l'inverno e l'ozono durante l'estate. Spesso gli stessi dati vengono anche pubblicati dai giornali nei periodi più critici. Altri Enti (Comuni, Province e Regioni) hanno competenze specifiche in questo campo. Le Aziende Sanitarie hanno il compito di dare indicazioni preventive e di valutare i rischi sanitari, (oltre naturalmente a prestare assistenza sanitaria) e devono essere coinvolte nei processi decisionali che riguardano problematiche di sanità pubblica.

Cosa posso fare per proteggere me e la mia famiglia?

È opportuno prestare attenzione alle notizie sull'inquinamento che vengono diffuse nei momenti più critici.
Per proteggersi dagli effetti dell'inquinamento atmosferico bisogna:
Stare in casa il più possibile quando i livelli di inquinamento sono alti specialmente se ci sono già condizioni di salute compromesse (in genere le concentrazioni degli inquinanti atmosferici sono più basse in casa che fuori).
Se è possibile, eseguire le proprie attività all'esterno nei momenti più favorevoli, tenendo presente che d'estate i livelli di ozono sono tanto più alti quanto maggiore è il soleggiamento.
Durante l'inverno il maggior accumulo d'inquinanti si verifica durante la notte, in presenza di particolari condizioni (es. elevato traffico, conformazione della zona) si possono determinare situazioni diverse da tenere in considerazione.
Non fare esercizio fisico all'aria aperta quando i bollettini dell'inquinamento segnalano condizioni sfavorevoli: più veloce si respira più inquinanti penetrano nei polmoni.
Queste misure sono in genere sufficienti a prevenire i sintomi negli adulti sani e nei bambini. Tuttavia, se una persona vive o lavora vicino a una fonte nota di inquinamento oppure soffre di una malattia cardiaca o polmonare, può rivolgersi al proprio medico di famiglia per ulteriori consigli su come proteggersi dall'aria inquinata.

Cosa posso fare per migliorare la qualità dell'aria?

Nelle città occidentali la fonte principale degli inquinanti è il traffico. Per migliorare la qualità dell'aria è necessario che ognuno si impegni a non usare l'auto quando il tragitto può essere coperto con i mezzi pubblici, a piedi o in bicicletta. Tra l'altro per stare bene ognuno di noi dovrebbe fare movimento (anche solo camminando) per almeno mezz'ora al giorno.
Se si è costretti a usare un mezzo privato per gli spostamenti è opportuno sceglierne uno poco inquinante, controllarne l'efficienza e cercare di trasportare altre persone che fanno lo stesso tragitto.
Quando si programmano attività ricreative, lavorative o scolastiche valutare prima le varie opzioni anche sotto il profilo della mobilità e prevederne le ricadute.

Bisogna inoltre ridurre tutti gli sprechi energetici compreso un eccessivo riscaldamento domestico o impianti poco efficienti. Ricordiamo che i controlli periodici obbligatori delle caldaie hanno anche lo scopo di verificare l'efficienza della combustione e la qualità dei fumi.

domenica 25 maggio 2008

Risorse naturali


Le risorse del pianeta quasi esaurite
Allarme ambiente dal WWF



Secondo l’ultimo rapporto del WWF le risorse presenti sul nostro pianeta saranno esaurite! Sono decenni che si denuncia questa terribile situazione, ma a conti fatti non bastano le azioni che ci sono state per aiutare il nostro pianeta. La terra è stanca ed affaticata, soffre sempre più di continui ed inaffidabili sprechi, vista cosi non riuscirà in futuro a soddisfare più le nostre abitudini. Purtroppo non si tratta della sceneggiatura di un film holliwoodiano, ma siamo di fronte ad un’emergenza reale. Emersa a gran voce dopo la pubblicazione di “Living Planet Report”, l’ultimo rapporto del WWF relativo allo stato di salute dell’intero ecosistema. Questo importante documento è stato presentato a Pechino, ed è risultato di due anni di lavoro, quanto basta per lanciare un allarme di cui tutti i governi dovrebbero prenderne atto. Due anni di ricerche, bilanci per misurare importanti indicatori necessari a verificare le condizioni effettive del nostro mondo.E i risultati ottenuti sono davvero sconcertanti. Infatti, analizzando il ritmo attuale di consumo delle risorse, come il terreno fertile, l’acqua, le risorse forestali e le specie animali si scopre che la situazione non è positiva e che su questa linea d’onda la popolazione umana entro il 2050 raggiungerà un ritmo di consumo pari a due volte la capacità del nostro pianeta. Una situazione critica su tutti i fronti. I due valori utilizzati per lo studio sono l’Indice del Pianeta Vivente e l’Impronta Ecologica. Il pianeta vivente analizza i trend di crescita e sviluppo di oltre 3600 distinte popolazioni e 1300 specie di vertebrati in tutto il mondo. Mentre l’Impronta Ecologica misura la domanda in termini di consumo di risorse naturali da parte dell’umanità. Nel Caso del Living Planet Resort sono state oggetto di analisi: 659 specie terrestri, 344 di acqua dolce al 28% e quelle marine del 27%. Più gravi sono le conseguenze prodotte dagli uomini, non a caso il peso dell’impatto umano sulla terra è triplicato tra il 1961 e il 2003. Il documento rivela che a causa dei nostri inutili consumi abbiamo già superato del 25% la crescita della capacità bioproduttiva dei sistemi naturali, indispensabili per il nostro sostentamento. Ad aggravare ulteriormente tutto questo c’è la crescita dell’impronta relativa all’anidride carbonica, derivante dall’uso di combustibili fossili, la cui presenza (monossido d’azoto e biossido d’azoto) è aumentata di nove volte nella nostra atmosfera. L’inquinamento è un dato di fatto, è un problema di sanità pubblica, e i numeri ci danno ragione: 8220 morti all’anno sono da attribuire agli effetti del monossido d’azoto che causa tra l’altro infarti, cancro ai polmoni, ictus, bronchiti croniche asma e altre patologie respiratorie. Un’ altro serio allarme che arriva dal WWF e causa ulteriore di inquinamento è il cambiamento climatico con la conseguenza di siccità e mancanza d’acqua. Negli ultimi 20 anni la domanda d’acqua è aumentata in misura enorme, ma ci sorge spontaneo un quesito, per cercare acqua quali alternative ci sono? Possiamo scavare la terra per risucchiare le riserve sotterranee? La risposta degli esperti è positiva, questa è una tecnica che si usa da diversi anni e con risultati sempre più modesti. Accanto a questa procedura si potrebbe ricorrere anche al riciclaggio delle acque reflue. Come già si fa in alcune zone aride del Mediterraneo, una strada da intraprendere è anche la raccolta di acqua piovana fatta con tecnologie diverse. Comunque prima di evitare il suicidio ideologico e ambientale, oltre a queste tecniche perfezionabili il WWF ricorda che deve essere inevitabile il pensare il nostro approccio alle risorse d’acqua e considerare la natura un fornitore”sacro” cui portare rispetto, e aiutare così i paesi di nuova industrializzazione a non seguire i modelli di sviluppo dell’occidente, ma proseguire il proprio sviluppo in chiave di sostenibilità per salvare il nostro ecosistema. Obiettivi primari ed indiscutibili di questa strategia sono la rimessa in discussione dei comportamenti individuali di noi tutti, ma anche delle politiche di governo!

ROMA - La Terra ha la febbre: la sua temperatura, infatti, è la più alta degli ultimi duemila anni. E la colpa è degli uomini. Lo dimostra una ricerca della National Academy of Sciences, secondo la quale "le attività umane sono responsabili del surriscaldamento del pianeta". L'istituto americano che ha ricostruito la media delle temperature degli ultimi duemila anni. Scoprendo che il surriscaldamento è un fenomeno recente, imputabile alla sempre maggiore produzione di gas serra. Ma non è solo il calore in sè a preoccupare gli scienziati, ma le sue conseguenze: un altro studio, della National Science Foundation, indica infatti il riscaldamento globale come colpevole di circa le metà degli uragani che si sono abbattuti sul Nord-Atlantico, nel corso del 2205. Ma come hanno fatto gli scienziati a ricostruire le temperature di due millenni, senza che fossero disponibili dati che si possono ottenere soltanto oggi, grazie agli strumenti moderni? Per riuscirci, l'istituto ha creato un team di 12 esperti di climatologia che hanno studiato gli anelli degli alberi, i coralli marini, sedimenti lacustri e ghiacciai.Così gli scienziati hanno combinato i dati raccolti e hanno concluso, "con un alto indice di sicurezza, che gli ultimi decenni del ventesimo secolo sono stati i più caldi degli ultimi 400 anni e potenzialmente degli ultimi millenni". Anche se, hanno ammesso, un'analoga ondata di calore c'è stata anche intorno all'anno Mille.

venerdì 23 maggio 2008

un pianeta da salvare

Per noi saranno queste immagini a farci pensare cosa sia la natura incontaminata a gli altri non credo gli basti guardare questo video.
Ma di sicuro tutto ciò che la natura ci ha messo a disposizione oggi lo vediamo!
Domani non lo rivedremo più!

Parola di fefe.

Sole, cielo, energia geotermica, acqua




Sole: Le cellule fotovoltaiche convertono la luce solare in elettricità. In tutto il mondo con questo metodo si producono quasi 500 megawatt di energia elettrica, e la richiesta di celle solari cresce del 30 per cento l’anno. Al presente, però, le cellule fotovoltaiche non sono molto efficienti, e l’energia elettrica che producono è cara in paragone a quella ottenuta con i combustibili fossili. In più, per fabbricarle si usano sostanze chimiche tossiche, come solfuro di cadmio e arseniuro di gallio. Visto che queste sostanze rimangono nell’ambiente per secoli, osserva la rivista Bioscience, “lo smaltimento e il riciclaggio dei materiali presenti nelle cellule in disuso potrebbe diventare un grosso problema”.


Energia geotermica: Se scavassimo un buco nella crosta terrestre in direzione del nucleo, che si calcola abbia una temperatura di 4.000°C, la temperatura salirebbe in media di una trentina di gradi per ogni chilometro. Per chi abita vicino a sorgenti termali o fumarole è più facile sfruttare il calore della terra. L’acqua calda o il vapore generati in “punti caldi” della crosta terrestre vengono sfruttati in 58 paesi per riscaldare le case o generare energia elettrica. L’Islanda soddisfa circa metà del suo fabbisogno energetico con l’energia geotermica. Altri paesi, come l’Australia, stanno valutando la possibilità di sfruttare l’energia racchiusa in vasti giacimenti di roccia molto calda che si trovano a pochi chilometri di profondità. La rivista Australian Geographic scrive: “Secondo alcuni ricercatori pompando acqua nel sottosuolo, dove è intrappolato questo calore, e poi facendo girare delle turbine con l’acqua calda che ritorna in superficie ad altissima pressione, potremmo generare energia elettrica per decenni, o addirittura per secoli”.


Acqua: Già ora le centrali idroelettriche soddisfano più del 6 per cento del fabbisogno mondiale di energia. Stando al rapporto IEO2003, nei prossimi vent’anni “l’aumento delle fonti rinnovabili di energia sarà dovuto in buona parte alla costruzione, nei paesi in via di sviluppo e soprattutto in Asia, di enormi centrali idroelettriche”. La rivista Bioscience, però, avverte: “L’acqua raccolta nei bacini spesso invade fertili terreni alluvionali. Inoltre, le dighe turbano l’equilibrio tra piante, animali e microbi negli ecosistemi”.


Vento: Da tempo l’uomo sfrutta il vento per navigare a vela, per azionare mulini e per pompare acqua. Negli ultimi anni, però, in tutto il mondo c’è stata un’ondata di entusiasmo per l’energia eolica. Moderni generatori eolici producono oggi abbastanza energia elettrica da soddisfare i bisogni di 35 milioni di persone, e lo fanno sfruttando una fonte energetica rinnovabile e non inquinante. La Danimarca ottiene già il 20 per cento dell’energia elettrica con generatori eolici. Germania, Spagna e India stanno facendo grandi passi avanti in questo senso: l’India vanta il quinto posto nel mondo per capacità eolica installata. Attualmente negli Stati Uniti ci sono 13.000 turbine eoliche. Secondo alcuni esperti, se gli Stati Uniti sfruttassero tutti i siti adatti potrebbero soddisfare con l’energia eolica più del 20 per cento del proprio fabbisogno energetico attuale.

IDROGENO:

L’idrogeno è un gas infiammabile incolore e inodore, ed è l’elemento chimico più abbondante nell’universo. È un componente essenziale dei tessuti vegetali e animali, lo si ritrova all’interno di molti combustibili fossili ed è uno dei due elementi che formano l’acqua. In più, brucia in maniera più pulita e più efficiente dei combustibili fossili.

Un periodico scientifico afferma che l’acqua “si può scindere in idrogeno e ossigeno facendoci passare una corrente elettrica”. È vero che in questo modo si potrebbe produrre idrogeno in abbondanza, tuttavia “questo procedimento apparentemente semplice non è ancora economico”. (Science News Online) In tutto il mondo si producono già ogni anno circa 45 milioni di tonnellate di idrogeno, che viene utilizzato soprattutto nell’industria dei fertilizzanti e dei prodotti per le pulizie. Questo idrogeno, però, viene estratto con un processo che sfrutta i combustibili fossili e che comporta emissioni di monossido di carbonio (un gas velenoso) e di anidride carbonica (un gas a effetto serra).

Nonostante tutto, molti considerano l’idrogeno il combustibile alternativo più promettente e sono convinti che potrà soddisfare il fabbisogno energetico del futuro. Il loro ottimismo nasce da alcuni sviluppi molto incoraggianti nel campo delle cosiddette “celle a combustibile”.


Una cella a combustibile è un dispositivo che produce energia elettrica dall’idrogeno, non bruciandolo bensì facendolo combinare con l’ossigeno attraverso una reazione chimica controllata. Se si usa idrogeno puro anziché un combustibile fossile ricco di idrogeno, gli unici prodotti della reazione chimica sono calore e acqua.

La prima cella a combustibile fu realizzata nel 1839 da sir William Grove, giudice e fisico britannico. Il procedimento, però, era molto costoso ed era difficile procurarsi sia il combustibile che i componenti. Questa tecnologia rimase perciò inutilizzata fino a metà del XX secolo, quando furono prodotte celle a combustibile per provvedere energia ai veicoli spaziali americani. Le navicelle spaziali continuano a essere alimentate in questo modo, ma si lavora per utilizzare la tecnologia delle celle a combustibile anche nella vita di tutti i giorni.

Oggi si stanno mettendo a punto celle a combustibile in grado di sostituire il motore a combustione interna negli autoveicoli, di provvedere energia elettrica a edifici commerciali e residenziali e di alimentare piccoli apparecchi elettronici, come telefonini e computer portatili. Attualmente, però, l’energia elettrica generata da impianti fissi a celle a combustibile costa oltre quattro volte più di quella generata bruciando combustibili fossili. Nondimeno, si stanno investendo centinaia di milioni di euro per sviluppare questa tecnologia.


È ovvio che adottando fonti energetiche più pulite si avrebbero notevoli vantaggi per l’ambiente. Tuttavia, i costi per far questo su grande scala probabilmente continueranno a essere proibitivi. Il già citato rapporto IEO2003 afferma: “L’incremento che si verificherà nella domanda di energia . . . riguarderà in buona parte i combustibili fossili (petrolio, gas naturale e carbone), perché con tutta probabilità i prezzi di questi combustibili rimarranno relativamente bassi, mentre generare energia con altri combustibili continuerà a costare troppo”.






E' l'ora di fare qualche cosa per rendere il nostro pianeta migliore.


Il nostro pianeta attualmente a rotto il suo equilibrio, è come una bomba ad orologeria.
Esistono da tempo energie alternative per quanto riguarda la generazione di energia elettrica, La natura ci ha messo a disposizione molte risorse, perché non utilizzarle?
Perché si deve guardare solo gli interessi e far si che tutto non funzioni?
Naturalmente tutto questo è un mio ed un vostro pensiero, dietro a tutto questo ci sono interessi economici non indifferenti.
La sete di potere da parte dei governanti di molti paesi nel mondo!
Ho letto diversi argomenti su questo che adesso sto postando sul mio blog, adesso è ora di cambiare.
La strada non sarà facile, ma neanche impossibile.
Non è per noi ma per le generazioni future ( per i nostri figli nati e che nasceranno.) Sarà una battaglia dura far cambiare le cose, ma sarà una battaglia ancor più dura, quando ormai sarà troppo tardi.

Alfredo Caracci ( fefe1970)

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